GHOST FISHING! Reti Fantasma.. quando intervenire
Vi è mai capitato di pulire una carena? E' una attività necessaria per chi va per mare. Una volta nei Caraibi un amico mi disse “ ponte la gorra, para los crangrejos”, metti il cappuccio, per i granchi!!
Non parlava di granchi normali, sono piccolissimi, si insediano sul substrato colonizzato delle carene e quando si rimuove il loro habitat si staccano e se possono, nuotando un po', si infilano nelle orecchie del subacqueo...per sopravvivere. Ogni nostra azione ha conseguenze, non sempre prevedibili o auspicabili.
Desireè, biologa marina ed istruttrice subacquea, affronta un problema collegato alla pulizia, ma in questo caso non parliamo di carene ma di attrezzatura da pesca persa o abbandonata:
Rispetto al totale della superficie
terrestre il Mar Mediterraneo ne ricopre solamente lo 0.82%, lo 0.23%
confrontandolo invece col volume degli oceani.
Nonostante la sua
limitata estensione ospita tra il 4 e il 18% della macrofauna marina,
con un elevato tasso di forme endemiche e può essere definito,
dunque, un “hotspot” di biodiversità.
Per l'uomo il mare è
sempre stato una fonte di risorse, permettendo di raggiungere
sviluppo sociale, culturale ed economico. Homo erectus e Homo habilis
furono i primi pescatori e con Homo sapiens l’attività di pesca
diventò fondamentale per la sussistenza. Una vera rivoluzione si
raggiunse poi nel 19esimo secolo, quando le imbarcazioni vennero
dotate di motori e impianti di refrigerazione tali da permettere di
navigare per tempi prolungati ampliando le aree di prelievo.
Negli
ultimi decenni per la realizzazione degli attrezzi da pesca si è
verificata una transizione da materiali biodegradabili, come le fibre
vegetali, a polimeri sintetici (nylon) per garantirne una maggiore
resistenza nel tempo ma determinandone un crescente accumulo sui
fondali marini per perdita involontaria o abbandono. Ogni anno ne
vengono stimate 6.4 milioni di tonnellate, rendendo gli strumenti da
pesca il 10% dei rifiuti totali presenti sui fondali a livello
globale.
Gli impatti causati dalla loro presenza si ripercuotono
su due piani differenti :
⦁ la fauna vagile che rimane
intrappolata negli attrezzi abbandonati riduce ulteriormente le
risorse degli stock ittici, già in declino per sovrasfruttamento
secondo modelli non sostenibili.
⦁ il 70% dei rifiuti che
raggiunge i fondali marini diventa fonte di minaccia anche per gli
organismi bentonici, sia in aree costiere che di mare profondo.
Possono essere asportati, soffocati per condizioni di anossia dovute
all’accumulo di sedimento o riportare abrasioni ai tessuti che
facilitano le infezioni batteriche e virali.
Qualsiasi oggetto
immerso in acqua di mare, compresi gli attrezzi da pesca abbandonati
o dispersi, viene ricoperto da uno strato organico di macromolecole,
come proteine o polisaccaridi, che già dopo poche ore attrae batteri
e diatomee avviando una colonizzazione che nel tempo può raggiungere
stadi più maturi di una successione ecologica.
Esistono dei
fattori abiotici che indirizzano gli oggetti sommersi verso destini
differenti nel processo di colonizzazione, la profondità o la
stagione in cui raggiungono il fondale, ad esempio, sono variabili
fondamentali nel determinare quali larve di differenti gruppi
sistematici potranno innestarsi.
In primavera l'incremento delle
attività di prelievo e le condizioni meteomarine ancora instabili
rendono questa stagione il periodo in cui più frequentemente gli
attrezzi vengono persi, allo stesso tempo però il set di parametri
abiotici come temperatura, cibo, luce e disponibilità di nutrienti è
quello ottimale per la colonizzazione delle superfici.
Già dopo
poche settimane di permanenza si innestano specie pioniere con rapidi
tassi di crescita come spore di macroalghe o larve di invertebrati
come gli idrozoi.
Le specie calcificanti di piccole dimensioni si
ritrovano dopo due mesi ma aumentano la loro abbondanza dai 5 agli 8
mesi successivi.
Gli organismi con scheletri di carbonato di
calcio come i serpulidi, bivalvi, briozoi arrivano dopo un anno e
aumentano la complessità delle comunità associate all'attrezzo.
Già
dopo un anno di permanenza sul fondale marino viene raggiunto il
massimo valore di ricoprimento, alcune differenze dipendono dalla
tipologia e dalla complessità dell’attrezzo, nonché dall’area
che questo offre alla colonizzazione.
I tempi stimati per la
degradazione sono di 600 anni per i palangari, sebbene alcuni
organismi siano in grado di produrre enzimi specifici o di
frantumare meccanicamente il materiale, questi contribuiscono al
processo degradativo in modo lento e quasi trascurabile. I polimeri
sintetici vengono modificati principalmente da agenti abiotici come
l'ossidazione ad opera delle radiazioni UV dei raggi solari, che
interessa le aree più superficiali della colonna d'acqua. Per gli
attrezzi che stazionano sui fondali a profondità più elevate questi
meccanismi sono lenti e rendono persistenti per lunghi archi
temporali gli strumenti abbandonati.
La rimozione di un attrezzo
da pesca abbandonato andrebbe accompagnata da un'attenta valutazione
che consideri gli impatti sull'ambiente, l'alterazione del paesaggio
sommerso e i rischi tecnici.
Per gli organismi bentonici, come le
specie apparenenti alla biocenosi a coralligeno, vanno valutati il
numero di individui rimossi, la presenza di tessuti danneggiati o
abrasi, l'impatto generato sulle specie con importanza
conservazionistica e il grado di colonizzazione dell'attrezzo.
Questo può essere definito da 4 stadi per comodità operative:
-
assenza di epibiosi nelle fasi iniziali
- presenza di alghe
filamentose come specie pioniere
-presenza di macroalghe e
idrozoi
- presenza di epibionti incrostanti (briozoi, anellidi,
macroalghe)
Quanto più avanzata è la colonizzazione quanto meno
opportuna sarebbe la rimozione dell'attrezzo.
E' importante agire in maniera preventiva e realizzare dei sistemi locali per la gestione della pesca partendo dalla stima del volume o del peso degli attrezzi realizzati da una marineria annualmente e inserendo delle aree di conferimento in cui gli operatori del settore possano depositare gli attrezzi dismessi o quelli recuperati da attività di pulizia dei fondali.